Un antidoto al diffuso disagio attuale che colpisce i manager: ricercare il benessere riequilibrando vita profesionale e privata

Le persone serene, sufficientemente stimolate e coinvolte, sono in grado di avere una produttività e una creatività più elevata delle persone stressate, preoccupate e pressate. Questa premessa dovrebbe facilmente convincere coloro che guidano le aziende a coltivare il benessere dei collaboratori a tutti i livelli. Evitando che siano continuamente inseriti in contesti dove l’urgenza viene confusa con l’importanza che subiscano il disagio alienante del lavoro ripetitivo imposto con sadica ossessione anche quando non è necessario.

Eppure queste ovvie considerazio- ni cozzano pesantemente con la realtà. Purtroppo, le organizzazioni dove si opera motivati e con clima positivo rappresentano una esigua minoranza. Questo perché più l’ambiente è minaccioso, incerto, turbolento, più la condizione mentale umana tende a ridurre le sue facoltà facendo ricorso al “pilota automatico mentale”.

Occorrono modalità e tecniche che solo in pochi riescono a mettere in campo, evitando l’“effetto risonanza” prodotto dai sistemi emo- zionali del cervello che l’imperante, esasperato razionalismo, in campo economico e manageriale, si ostina a non prendere in consi- derazione. Finché non si terrà con- to dell’influenza delle emozioni e degli istinti sulla componente cognitiva degli operatori aziendali, benessere e lavoro resteranno in- conciliabili.

Work-life balance: benefici per aziende e dipendenti

In molte imprese eccellenti che ope- rano nei mercati internazionali e nazionali il clima è positivo e atten- tamente curato, l’orario di lavoro (o meglio, la presenza al lavoro) è quello strettamente necessario, si riscontrano varie forme di benefit e  una positiva conciliazione tra vita aziendale e vita privata che non solo non intacca la necessaria produttività, ma addirittura la accresce. È opportuno riconoscere che la maggior parte degli operatori aziendali non sono necessariamente legati all’assoluta necessità della loro presenza, ma possono essere definiti knowledge worker, cioè lavoratori della conoscenza che, con modalità più o meno prevalenti, devono necessariamente impiegare le loro conoscenze professionali e le loro capacità per risolvere problemi e per raggiungere risultati sfidanti. E tutto ciò è ampiamente dimostrato e condiviso dal fatto che questi lavoratori (ovviamente quando non viene tarpata la loro motivazione) in realtà operano 24 ore su 24: trovano soluzioni e individuano oppor- tunità spesso fuori dall’ambiente di lavoro (guidando l’automobile, piuttosto che facendosi la doccia...)