Marcatori somatici, cervello enterico. Come raggiungere lo “stato di grazia professionale”
Intervista a cura di Ugo Perugini

E’ possibile valorizzare le proprie emozioni facendole diventare positive e costruttive?

Occorre ricordare che la percezione ancora oggi ampiamente diffusa tra i collaboratori delle aziende è che le emozioni siano dannose e pericolose. Un consiglio assurdo che ancora oggi viene fornito è: “Non ti emozionare”. Eppure le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato che la separazione tradizionale, addirittura filosofica, tra ragione ed emozione è totalmente errata. La mente umana (tra l’altro un tutt’uno con l’organismo e il cervello che insieme rappresentano un’entità interconnessa e inseparabile), non può funzionare a compartimenti stagni. Non ci può essere cognizione senza che contemporaneamente si manifestino emozioni o sentimenti. Nei casi estremi è possibile che si manifestino, in situazioni d’emergenza, solo emozioni (si pensi a quando con l’automobile si evita di investire un bambino apparso improvvisamente, senza averne consapevolezza, se non quando subito dopo evochiamo l’accadimento e riprendiamo a far funzionare il sistema cognitivo). Questo fenomeno dimostra che abbiamo a disposizione non solo un sistema cognitivo, ma anche un sistema emotivo: il primo collocato nel sistema cerebrale e il secondo nel sistema limbico (è infatti l’amigdala situata nel sistema limbico ad intervenire nelle situazioni di emergenza, con una modalità esecutiva di gran lunga più rapida di quanto consenta il sistema cerebrale). Le emozioni, secondo il neuroscienziato Antonio Damasio, utilizzano dei veri e propri “marcatori somatici” in grado di consentirci di sfuggire ai pericoli e di ottimizzare le decisioni. Esse rappresentano una risorsa formidabile per affrontare la complessità e l’imprevedibilità attivando anche i sistemi mentali più profondi che fanno capo al tronco encefalico e al “cervello enterico”, (un sistema di circa duecento milioni di neuroni diluiti nel nostro intestino, indipendenti dai neuroni del cervello superiore e in grado di sostenerlo e indirizzarlo tramite le sottovalutate “sensazioni viscerali”).
Ebbene, valorizzare le proprie emozioni significa coltivare le emozioni positive che sono alla base di ogni forma di benessere, ma anche accettare le emozioni negative che se non represse, ma prese attentamente in considerazione, possono ridurre la loro portata pericolosa (e un modo per ridurre l’effetto, talvolta devastante, delle emozioni negative e proprio quello di ricorrere ai citati umorismo e ironia).

Un approccio estremamente positivo che personalmente continuo a diffondere e sperimentare tra i collaboratori d’azienda è il ricorso allo “stato di grazia professionale” (ampiamente sperimentato nella preparazione e nella prestazione atletica tramite il ricorso allo stato di “flusso psicofisico”). Tutti, con una certa esperienza, abbiamo provato lo “stato di grazia professionale” quando abbiamo raggiunto ottimi risultati. Si tratta di cercare di riprodurlo, quando è necessario, tramite tra la conciliazione tra “stato mentale cognitivo” (l’intenzionalità e la focalizzazione), lo “stato mentale emotivo” (tramite il potenziamento delle emozioni positive come il coinvolgimento, la motivazione e il gusto del fare), lo “stato istintivo” (come l’ampliamento delle percezioni, della visione periferica e la conseguente attenzione ai “segnali deboli” significativi).

Risulta evidente che il raggiungimento e la ripetizione dello “stato di grazia professionale”, definibile anche eccellenza nel lavoro, viene fortemente favorito dalla conciliazione della vista privata e della vita lavorativa che, in termini pratici, vuol dire aumento del livello di benessere.