Recensione del libro "23 soft skill strategiche" di Ugo Perugini

Uno dei termini più usati nel linguaggio aziendale è know how, con il quale si identificano le conoscenze necessarie e indispensabili nell’ambito del lavoro, risorse intangibili per poter eccellere in qualsiasi attività professionale e in ogni struttura organizzativa.

Nello specifico, si parla più precisamente di hard skill, cioè di competenze tecniche fondamentali, e di soft skill, competenze comportamentali, altrettanto indispensabili per una formazione completa e soddisfacente.

IL GRANDE SUCCESSO DELLE SOFT SKILLNegli ultimi tempi, anzi, è aumentata notevolmente l’attenzione che i numerosi corsi destinati a manager di alto livello riservano a temi legati alle soft skill, quali l’empatia, l’intelligenza emotiva, la creatività, la capacità di collaborare, comunicare, gestire i collaboratori, solo per citarne alcuni.

Questi temi sono ormai oggetto anche di MBA e dottorati di ricerca, e l’idea che prende sempre più forza è che siano assolutamente indispensabili per il successo aziendale e, di converso, la loro carenza, crei situazioni difficili nell’ambito delle organizzazioni.

In altri termini, le soft skill non vengono più considerate, come accadeva in passato, ancillari rispetto alle hard skill, cioè alle competenze specifiche e tecniche relative alla propria professionalità.

Oltretutto, mentre queste ultime continuano a evolversi, sono complesse da individuare, visti i rapidissimi progressi del mondo informatico, e richiedono corsi mirati e aggiornamenti continui, le soft skill hanno il vantaggio di poter essere studiate in modo diretto, tecnico, pratico, immediatamente fungibile da parte del discente.

L’IMPORTANTE CONTRIBUTO DEL PROF. GIAN CARLO COCCO: DAL “TIME TO MIND” ALLE “23 SOFT SKILL STRATEGICHE”

Sul tema delle soft skill, il prof. Gian Carlo Cocco, dopo il precedente lavoro, intitolato “Time to Mind”, un manuale di apprendimento individuale e collettivo con l’obiettivo di favorire l’autoformazione, sta ora per pubblicare un nuovo libro, più agile e diretto, che si intitola “23 soft skill strategiche”, che entra nel vivo del tema, analizzando punto per punto i comportamenti più virtuosi che determinano la capacità di qualsiasi persona. (Si veda la sintesi degli argomenti più sotto)

La prima considerazione da fare è che le soft skill non nascono da una visione iperdeterministica della vita, condizionata dall’economia, dal commercio, dalle regole della competizione o dall’egemonia del mercato, come potrebbe sembrare a prima vista.

Una certa cultura umanistica è portata a contrapporre la cultura con la C maiuscola al know how, inteso come insieme ampio e variegato di conoscenze (hard skill) e capacità (soft skill) necessarie a svolgere una determinata attività. Ma è un errore. Anzitutto, le hard skill e le soft skill sono due facce della stessa medaglia che si può definire in termine più ampio “competenza”.

LE SOFT SKILL COME SUPERAMENTO DI UNA CERTA VISIONE UMANISTICA LEGATA AL PASSATO

Le conoscenze, comprese quelle umanistiche, acquisite tramite lo studio e l’esperienza sono importanti perché rappresentano il “bagaglio professionale” di una persona. E tanto più è ampio questo bagaglio quanto più è apprezzabile. Ma tali conoscenze restano inattive se non è possibile integrarle con altre capacità che siano in grado di completarne la professionalità e fare in modo che il sapere acquisito diventi un vero e proprio valore aggiunto.

Nel nostro Paese la cultura umanistica spesso è stata concepita come conservazione di conoscenze del passato, e, anche se non porta con sé elementi funzionali ai compiti che oggi dobbiamo affrontare, considerata comunque utile perché contiene valori etici ed estetici importanti, come la saggezza e la bellezza, che dovrebbero aiutare le persone a riflettere o a pensare meglio. Ammesso che questo sia vero, non è più sufficiente.

Le soft skill si contrappongono a questa visione storico-passatista e conservatrice, e sarebbe sbagliato vederle come una rinascita della cultura umanistica tradizionale sotto altre spoglie, anche se i loro contenuti riguardano aspetti molto vicini a una visione umanistica.

SOFT SKILL: ATTENZIONE ALLE INNOVAZIONI SCIENTIFICHE E AL PENSIERO CRITICO

La cultura umanistica tradizionale, a causa del suo orientamento antropocentrico, ha covato spesso una certa avversione alle innovazioni tecnologiche, assumendo anche posizioni antiscientifiche.

Le soft skill, al contrario, considerano con attenzione questa evoluzione scientifica, ma hanno in sé gli anticorpi per limitarne o ridurne gli effetti deleteri di spersonalizzazione. In altri termini, le soft skill cercano di porre al centro nella loro funzione di formazione l’uomo, non tanto i prodotti realizzati dall’uomo nel passato.

Le nuove realtà produttive hanno bisogno di persone che sappiano esercitare pensiero critico e creatività, non di chi si rifà a un passato più o meno idealizzato.

Come sappiamo bene, le teorie dell’apprendimento sono sempre di fronte a questioni molto rilevanti come, ad esempio, il rapporto tra conoscenze innate e acquisite, l’interdipendenza tra processi di apprendimento e altri processi quali la memoria, l’attenzione.

I VARI MODI DI APPRENDIMENTO NEL RISPETTO DELL’AUTONOMIA DELLA PERSONA

Come è noto, ciò che si può insegnare è solo una parte di ciò che si può imparare e ciò che si può imparare è solo una parte di ciò che si può apprendere. Senza dimenticare l’esistenza dello scarto tra obiettivi, contenuti, metodi di formazione ed effettivo apprendimento, visto che si può apprendere in tanti modi per imitazione, influenzamento, programmazione comportamentale, ecc.

Inoltre, gli obiettivi della formazione possono riguardare diverse aree: conoscenze, capacità, atteggiamenti, in sintesi le aree del sapere, saper-fare e saper-essere.

In questo quadro complesso, tra le offerte formative più interessanti che si pone l’obiettivo di tenere conto di tutte queste variabili, vi è quella del prof. Gian Carlo Cocco, che parte dall’idea che il soggetto che apprende è anzitutto una persona autonoma impegnata in un processo evolutivo che può dirigere e controllare in modo libero e responsabile, in grado anche di confrontarsi con problemi di scelta e, perciò, anche di natura etica e morale.

FAVORIRE UN APPRENDIMENTO DINAMICO ATTRAVERSO FORME DI AUTOCOACHING

L’approccio non si configura come riconducibile a un unico impianto teorico, ma rappresenta una integrazione di saperi e riferimenti metodologici e pratici e rivela un intento costruttivo e non direttivo, favorendo l’espressione della soggettività, facilitata dall’autoindagine e dalla rielaborazione autonoma delle proprie esperienze educative.

In questo percorso, vi sono indicazioni, anche riferite ai classici del pensiero di ogni tempo, che aiutano la ricerca e la scoperta di senso, favoriscono un’apertura alla complessità e al riconoscimento di problematiche contraddittorie ma anche all’integrazione in una cornice globale di conoscenze più ampie e articolate.

Il tutto con un metodo improntato alla riflessione e all’auto-riflessione per favorire processi di problem-solving o, ancor meglio, di problem-finding, con benefici per quanto riguarda l’apprendimento anche in chiave organizzativa.

Insomma, una proposta formativa che evidenzia una valenza “trasformativa” importante che partendo dalla decostruzione dell’ovvio, dei preconcetti e di certi assunti impliciti, percorre la strada di una crescita professionale che è anche personale e umana estremamente significativa.

Chi volesse verificare con un Assessment (valutazione personale) on line il proprio profilo di capacità può utilizzare la piattaforma www.timetomind.global

LE “23 SKILL STRATEGICHE” O CAPACITA’

Capacità cognitive (2): Analisi e Soluzione dei problemi.

Capacità dei processi operativi (4): Programmazione, Organizzazione, Controllo e Determinazione.

Capacità relazionali ed emozionali (11): Orientamento alla relazione, Comunicazione verbale, Lavorare in gruppo, Gestione dei gruppi, Negoziazione, Guida (Leadership), Gestione dello stress, Gestione dei conflitti, Orientamento al cliente, Integrazione organizzativa e gestione dei collaboratori.

Capacità gestionali ed innovative (7): Orientamento ai risultati, Decisione, Visione prospettica, Flessibilità, Disponibilità all’innovazione e Iniziativa.