Come liberarci dei capi incompetenti
1. IL FASCINO DELLA PERSONALITÀ NELLA
RICERCA DEI LEADER
Il recente libro di Chamorro-Premuzic:
“Perché tanti uomini incompetenti
diventano leader?” contribuisce a svelare
l’inconsistenza della diffusa convinzione
che i leader vincenti, in grado di portare
al successo le imprese di ogni genere, si
caratterizzino per tratti di personalità
che consentano loro di ottenere risultati
eccellenti.
Eppure la personalità è un costrutto
sviluppato dalle teorie psicologiche di
origine filosofica e dalla diagnostica clinica,
nato con il fine di indagare le problematiche
e le espressioni della mente umana. Esso
appare oggettivamente lontano dal
mondo delle imprese e dei comportamenti
organizzativi.
Su cosa si intende per carattere e personalità
non è stata raggiunta una visione condivisa
e scientificamente supportata dei cosiddetti
tratti della personalità. I tratti dovrebbero
rappresentare disposizioni permanenti nella
mente di una persona, ai quali ricondurre gli
aspetti fondamentali delle sue espressioni.
2. CAPI INCOMPETENTI
Moltissimi capi d’azienda e manager
di elevata responsabilità che vengono
selezionati, scelti e cooptati utilizzando
spesso i test di personalità - o, addirittura,
impiegando la grafologia - risultano spesso
incompetenti e forniscono risultati scadenti.
Anche i cacciatori di teste spesso indulgono
in approcci basati, oltre che sul curriculum
e sui risultati raggiunti nelle precedenti
esperienze, sulla personalità dei candidati.
Malgrado siano stati selezionati e scelti o
cooptati sulla base di generici tratti della
personalità, molti degli attuali capi d’azienda
e manager di elevata responsabilità spesso
non risultano in grado di fornire i positivi
risultati che ci si aspetterebbe da loro.
Un tale insuccesso deriva certamente da
un diffuso sistema clientelare, ma deriva
anche dalla condivisione e applicazione di
inadeguati sistemi di selezione.
Prevalgono, in proposito, tratti quali
l’autostima elevata (che rasenta il
narcisismo), la spiccata attenzione alla
personale autorealizzazione (che rasenta
la smodata ambizione), la spietata
determinazione a raggiungere, a qualsiasi
costo, obiettivi sfidanti, il protagonismo
abbinato all’orientamento ossessivo
al potere, l’elevata predisposizione al
rischio che tende a tramutarsi in azzardo,
il fascino comunicativo in grado di
coinvolgere emotivamente sfociando nella
manipolazione.
Spesso questi tratti di personalità vengono
raccolti in forma positiva e definiti ”carisma”
- o più semplicemente “talento” - che
denota una qualità ai confini della magia
tipica di figure emblematiche come l’uomo
solo al comando o addirittura l’uomo del
destino.
Ma anche il concetto di leadership e le
qualità del leader vengono utilizzati come
una sorta di “mantra” che basta evocare per
definire, in modo indiscutibile, le persone
più adatte al comando, dimenticando che
i contenuti della leadership risultano una
sorta di etichetta molto dibattuta che varia
enormemente nel tempo e nelle situazioni.
Gliaspettieticiedivaloricondivisideicandidati
a posizioni di comando (un tempo, almeno a
parole, considerati importanti) attualmente
non vengono presi in considerazione
come se, ad esempio, il rispetto degli altri
fosse un elemento marginale, molto meno
importante della personalità del leader. Si
diffondono manager che rendono la vita
professionale (e non solo) un inferno ai loro
collaboratori ostacolandone la produttività
e lo sviluppo delle competenze. Manager
“simpaticamente cattivi” astutamente
rivolti all’incremento del profitto nel brevemedio
termine e portati a tralasciare lo
sviluppo delle risorse professionali (cioè il
sempre più trascurato capitale umano) e gli
obiettivi strategici di medio-lungo termine.
Questi individui, che guidano
orgogliosamente le organizzazioni in modo
spietato, sono in grado di originare disastri
di proporzioni enormi - si pensi alla Enron,
alla Lehman Brothers, all’Alitalia e al Monte
dei Paschi di Siena - anche perché hanno la
prosopopea di credere di essere la persona
giusta al posto giusto.
E se pensiamo ai disastri originati dalle bolle
speculative, che si ripetono in continuazione
(l’ultima è stata quella dei “sub-prime”), chi
li ha prodotti se non top manager e politici
incompetenti e presuntuosi?
3. NECESSITÀ DI UN CAMBIO DI PARADIGMA
NEI CONTENUTI DEL “COMANDO”
Se nella individuazione dei top manager
si continua ad esaltare il protagonismo
rispetto alla profonda competenza, fatta
di conoscenze e di capacità necessarie per
governare sistemi organizzativi sempre più
complessi, i fallimenti non potranno che
continuare anche in futuro.
Coloro i quali sono incaricati di ricercare
e presentare i manager più adatti (con
formule spesso “esoteriche”) e coloro
che decidono di acquisirli, si basano
diffusamente su questi 2 indicatori,
entrambi di notevole criticità:
• i tratti della personalità incentrati
sulla sicurezza di sé piuttosto che sulla
comprovata competenza caratterizzata
anche dal pensiero critico, dall’apertura
mentale, dal confronto dialettico e dalla
disponibilità di mettersi in discussione. In
altre parole, si preferisce la baldanza alla
saggezza;
• l’accettazione che i candidati alle
posizioni di vertice appartengano alla
quasi prevalente cerchia maschile (o, se
donne, che manifestino tratti tipicamente
maschili) e che abbiano dimostrato
nelle loro precedenti esperienze quel
piglio che si riassume nel “carisma”, nel
“talento” o nella generica “leadership”:
cioè un fascino che riesce emotivamente
a dimostrare che sulla persona si può
contare in quanto “vincente”. Questo
aspetto è avvalorato dalla rassicurante
esperienza maturata e certificata dai
risultati raggiunti, ma non da come sono
stati raggiunti. Chamorro-Premuzic si
pone una domanda scomoda: perché è
così difficile per le persone competenti,
ma non aggressive e di “personalità non
prorompente”, emergere in posizioni di
vertice?
4. I CONTENUTI DEL PARADIGMA DEL
COMANDO EFFICACE BASATI SULLA
VALORIZZAZIONE DELLE COMPETENZE E
SUL COINVOLGIMENTO
Per risolvere la pericolosa situazione che
abbiamo qui rappresentato l’unica strada
percorribile è il ricorso alla verifica preliminare
delle effettive competenze necessarie per
svolgere attività di guida e coordinamento
di complesse compagini organizzative (non
solo private, ma anche pubbliche). Occorre
ricordare che le competenze sono composte
da due aspetti fondamentali che risultano
tra loro complementari e inscindibili come
le facce di una medaglia: le competenze
tecniche, definite hard skiIl, e le competenze
comportamentali, definite soft skill.
È ovvio che le competenze non risolvono
totalmente la questione dell’affidabilità
delle persone al comando. Possiamo
confermare che le persone competenti
risultano molto più affidabili di quelle con
“personalità” in quanto maggiormente
vincolate dal riconoscimento della loro
professionalità, che per essere acquisita ha
comportato impegno e sacrificio.
Gian Carlo Cocco